C’era una volta L’Obbiettivo4 min

di Luca Matteo Rodinò

Caro lettore, ti ringrazio per la tua attenzione. Ho scritto questa lettera per ripercorrere i passi del percorso intrapreso finora e stabilire un nuovo punto di partenza. Nell’ultimo anno ci siamo fermati, oltre la metà della nostra redazione ha affrontato il diploma di maturità e l’inizio del percorso universitario.

L’Obbiettivo è nato nel 2017, un anno che ricordo in maniera molto viva seppur mi sembri ormai lontano. Sin da subito il nostro slogan è stato “Il lato giovane dell’informazione”, ma mentre lo pronunciavamo già la prima volta, balzava all’occhio (e all’orecchio) l’evidenza che nessuno di noi era giornalista e che l’informazione la fanno i giornali, quelli veri, le testate registrate al tribunale. Nulla potevamo di fronte all’evidenza di essere “solo” un blog di giovani studenti indipendenti, amanti della Locride e appassionati di giornalismo, informazione e scrittura. Ed è ancora questo che siamo. D’allora ad oggi sono passati tre anni, nei quali ho capito che quel solo deve necessariamente essere virgolettato.

Lo slogan ci piaceva e lo abbiamo mantenuto. Sintetizzava alla perfezione la nostra intenzione, la ragione per cui il blog è nato. Avevamo a cuore lo svecchiamento della comunicazione, veicolata oggi dai social network dove il sito tiziocaioesemproniodiconosemprelacosagiusta.it ha la stessa potenziale visibilità di testate nazionali, internazionali e locali che svolgono con professionalità il proprio lavoro. Sentiamo spesso dire “l’ho letto su facebook” o “l’ho visto su instagram; vedevo e vedo tutt’oggi molte persone, troppe, distanti dalla lettura e dall’informazione critica. Ritenevo e ritengo tutt’ora che le scuole abbiano un ruolo fondamentale nello sviluppo di un pensiero critico, hanno il dovere di insegnare a riconoscere e valutare molto attentamente le fonti e l’obiettività del racconto. Sono persuaso che la stampa debba valorizzare la cultura e la società, ponendosi come garante della verità dei fatti, nei modi in cui questa può essere dimostrata e nei limiti dell’errore umano, per scardinarla da strumentalizzazioni.

Uno degli obiettivi del nostro impegno e della nostra scrittura voleva essere quello di rendere appetibili i contenuti per i nostri coetanei. Non so se ci siamo riusciti, abbiamo ancora molto da imparare e tanta strada da fare. Quando ripenso a tutto ciò noto che l’ambizione era tanta, così come lo era il nostro impegno; mancava ovviamente, l’esperienza di tutti noi. Fortunatamente, scrivendo e lavorando insieme, abbiamo iniziato ad acquisirla, seppur in minima parte.

Il modo di raccontare è parte stessa del racconto e della sua efficacia di comunicazione. Credo che molti fuggano l’informazione perché resa con racconti poco tangibili. Lungi da me l’intenzione di semplificare e sintetizzare, si rischia di scadere nell’orwelliana banalizzazione dei concetti e nella conseguente riduzione del pensiero. Tuttavia ritengo che rendere la notizia alla portata di tutti sia una sfida da intraprendere, sottolineando come quei concetti apparentemente tanto astratti riguardino concretamente tutti noi.

Giunti sin qui, tengo a specificare che le parole che seguono sono esclusivamente frutto di una mia riflessione personale.
Oggi, guardando indietro, mi sento di identificare L’Obbiettivo anche come un movimento. Durante le esperienze vissute negli anni del liceo ho spesso sentito risuonare in convegni, conferenze e riunioni le parole “voi giovani siete il futuro”. Sì proprio noi, parlavano con me, con i miei compagni di classe e le centinaia di ragazze e ragazzi che ascoltavano. Ho sempre riflettuto su queste allettanti parole, sembrava ci stessero dicendo che il futuro è solo nostro. Ovviamente non è così. Futuro è una parola molto forte; tutti noi guardiamo sempre al futuro, è un termine che ispira. Ma sapete dove sta il trucco? Nella mezza messa che quell’espressione racchiude. È troppo semplice dire “prendetevi il domani”. Noi ereditiamo un passato e una storia cui dobbiamo guardare per imparare; se non li comprendiamo non potremo mai migliorare il futuro. Siamo custodi di un presente che le generazioni si tramandano come un testimone: dire semplicemente cambiamo il futuro è come dire lo faccio domani, mentre il tempo scorre, e non torna più. Dire che il futuro è nelle nostre mani è vero, ma ereditiamo un presente di criticità e difficoltà, frutto della noncuranza di qualcuno prima di noi. La tragica pandemia che colpisce l’umanità in questo terribile momento ha inevitabilmente evidenziato (e in alcuni casi accentuato) le problematiche causate dalla mentalità del “tanto che m’importa”.

Il futuro non potrà mai migliorare se non investiamo nel presente; c’è bisogno del contributo di tutti; da soli, non si va da nessuna parte.

Le generazioni più giovani, come la mia, hanno un grande dovere; abbiamo bisogno di guardare a quelle precedenti per imparare, riconoscendone gli errori, per non ripeterli, e i meriti, per prenderne l’esempio e migliorare ancora. È un grande impegno da mantenere, così come lo è stato per i nostri padri e i nostri nonni prima di noi e gli altri prima di loro. È il nostro turno.

Il coinvolgimento sociale delle nuove generazioni è un passo cruciale per innovare e migliorare, ma dobbiamo volerlo e metterci in gioco. Abbiamo iniziato a scrivere perché vivevamo, con i nostri coetanei, il senso di smarrimento originato da quel “il futuro è vostro”, predicato da poltrone ben assestate e in alcuni casi antisismiche, oserei dire. La predica dall’alto non ha effetto perché non stimola la ricettività, specialmente se tra parole e fatti non c’è coerenza. Il coinvolgimento attivo e il lavoro di squadra sono gli unici mezzi per poter compiere dei passi avanti oggi, non domani; serve il contributo di tutti. Io credo nelle persone.

Voglio dedicare questa mia lettera agli amici e ai compagni di questo percorso intrapreso insieme; la dedico a chi continua non solo a sperare in un mondo migliore, ma si impegna per realizzarlo; a tutti coloro che la leggeranno.

Bentornati su lobbiettivo.it.

Condividi: