L’inserzione del pensiero2 min

di L'Obbiettivo

Una nuova settimana è passata, un altro appuntamento è arrivato.
Ebbene, stranamente, questo inizio anno mi ha portato una carrellata di deliri e sindromi psicologiche mai sentite prima, che comprendo perché, spesso, mi sento circondata da matti.
Avete mai visto Inception, di Christopher Nolan?
Leonardo DiCaprio vi dice niente?
Se non volete spoiler vi avverto subito, chiudete l’articolo e non fateci ritorno fino alla presa visione del sopracitato film, ma se così non fosse, allora ricorderete bene, proprio come me, che la trama del lungometraggio affonda le sue radici in una base psicologica e sociologica non indifferente.
Un gruppo di quelli che potremmo definire “sicari dei sogni”, s’intrufolano nella mente altrui, ne alterano la fase di Morfeo ed influenzano le scelte delle vittime e, udite udite, vengono ben pagati per questo!
Allora, partendo dal presupposto che anche le concezioni più folli debbano avere almeno una parte di riscontro realistico, non vi verrà difficile credermi se vi dico che vi è una patologia psichiatrica assai simile, ma detiene come protagonista del suo sviluppo il pensiero.
Si parla della cosiddetta sindrome dell’inserzione del pensiero.
Inserzione, letteralmente, sta a significare inserire qualcosa in un altro elemento nel quale quel particolare è mancate.
Un esempio, potrebbe sicuramente essere l’inserzione in un insieme matematico o tra più file, quando si parla di documenti.
In psicologia funziona, più o meno, allo stesso modo.
Il favoloso mondo patologico insegna, difatti, che l’inserzione del pensiero non è altro che il delirio basato sulla credenza che ciò che pensiamo non derivi da noi, ma dalla mente di qualcun altro.
Un individuo pensa qualcosa d’indefinito e lo facciamo anche noi, in egual modo e misura, poiché egli controlla il nostro cervello e la sua corrispondente ala sinistra dove la creatività prende luogo.
Per intenderci, chi crede che questo possa davvero avvenire si sente sotto attacco, in costante tensione evolutiva, assemblando una realtà che non gli appartiene, che non sente sua e nella quale non si riconosce.
Può davvero accadere?
La risposta è no.
Coloro che sono affetti da tale disturbo, non a caso, accompagnano la loro falsa percezione della loro mente con una patologia ben peggiore, sulla quale, però, oggi non ci soffermeremo: la schizofrenia.
Siamo giunti al termine!
Cosa ci porterà la prossima settimana?

Jole Lorenti

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