“Via dall’Aspromonte proprio per restarci”: un progetto di tanti per un obiettivo comune3 min

di L'Obbiettivo

Cadono tante foglie quanti sono gli eventi alla Libreria Calliope Mondadori di Siderno; possiamo dire che è iniziata ufficialmente la stagione delle castagne e della cultura. La presentazione del libro “Il viaggio delle nuvole” di Giusy Staropoli Calafarati, che racconta la storia di Domenico Lucano e dei progetti di accoglienza a Riace, la proiezione del film “Sulla mia pelle”, riguardo la vicenda di Stefano Cucchi, evento che ha raccolto nella libreria un numero considerevole di persone, e i racconti letti dall’attore e cantastorie Nino Racco, i quali insieme al progetto Bimbinmusica hanno raccolto bambini e non da tutta la Locride, sono solo i primi di una lunga e coinvolgente serie d’incontri per tutti i gusti che si susseguiranno durante l’inverno. E così come sono tante le castagne d’autunno, tanti sono coloro che, proprio mentre leggete, stanno collaborando per dare vita ad una storia ambientata ad Africo, un paesino dell’Aspromonte. Andrea, il suo protagonista, è un bambino degli anni ’50, che tra i primi sintomi del “diventare grandi” e le avventure sue e dei suoi conoscenti e amici, ci lascia uno spaccato vivo della storia della Calabria, anzi, dell’Italia stessa. Andrea, i suoi compaesani e gli altri personaggi, sono racchiusi nel libro di Pietro Criaco, “Via dall’Aspromonte”, edito dalla casa editrice Rubbettino. Cosa avviene, però, quando i personaggi di un libro prendono vita nella nostra dimensione grazie al lavoro di attori e registi? Se n’è discusso giustappunto domenica 11 novembre alla Libreria.

La giornalista Maria Teresa D’Agostino ha presentato e mediato il dibattito tra il regista Mimmo Calopresti, lo scrittore Pietro Criaco, l’attore Francesco Colella, il direttore editoriale della Rubbettino Luigi Franco, e il pubblico pieno di domande, formato da curiosi, professori, giornalisti locali e persone impegnate nella cultura e nella letteratura. Durante l’incontro sono state proiettate alcune scene del backstage del film, accompagnate dalla musica del maestro Francesco Loccisano. Si è parlato della storia di Andrea, interpretato nel film dal piccolo Francesco Grillo, e di quanto questa abbia mosso l’impegno di tutte le comunità intorno al set. La Calabria spesso non è ben vista dai registi, testimone la gran quantità di film ambientati nella nostra regione e girati altrove, ad esempio in Puglia. Sarà che non tutta la nostra terra, come dice Lele Nucera che ha curato il casting del film, non è ancora pronta, sarà che abbiamo avuto accollata per un bel po’ l’immagine della “cattiva foresta nera”, la Calabria si sta scoprendo solo ora “terra cinematografica”.

Eppure, aspiranti attori ne abbiamo tanti, e anche chi non aspira a raggiungere il grande schermo si sta dando da fare per la realizzazione del film. Nonostante le piogge e il fango, ci raccontano gli attori e il regista, decine e decine di comparse hanno girato scalze, sporche, tanto commosse dalla storia che, in alcune scene particolarmente toccanti, hanno addirittura pianto. La poesia del cinema, che in questo caso ricorda quella del Neorealismo italiano, ha coinvolto tutti, attori della zona, che hanno ricevuto “il battesimo della cinepresa” con questo film, e attori pluripremiati. Girare film come questo, o come Anime Nere (tratti entrambi, tra l’altro, da libri della Rubbettino), segna un’importante occasione per i calabresi, che possono finalmente cimentarsi nella recitazione senza doversi per forza trasferire. È stata annunciata, infatti, l’apertura di una scuola di cinema a Siderno. C’è un’enorme macchina che gira intorno a questo film “in costruzione”, e i suoi ingranaggi sono il regista, i produttori, gli attori, lo scrittore, la casa editrice, i comuni, le istituzioni e gli spettatori stessi che hanno dimostrato particolare interesse domenica, quando hanno riempito fino all’orlo (e anche più) la sala conferenze della Libreria. “Via dall’Aspromonte” è una storia seguita da tantissimi calabresi, e il trasporto dimostrato testimonia un’evidente prova che il vittimismo autocommiserante che spesso ci viene affibbiato forse, dico forse, non ci appartiene poi così tanto.

Elisabetta Spanò

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