Tutto il mondo è paese, tutta la Locride è Lumache2 min

di L'Obbiettivo

Cosa succederebbe se le nostre piccole realtà finissero in un libro satirico e realistico, in una sorta di reportage romanzato, per diventare soggetto letterario? Come ci sentiremmo se esistesse un romanzo che parla del paesello in cui abitiamo, dei nostri vicini di casa, del nostro sindaco o di quella signora che proprio non possiamo vedere? Possiamo scoprirlo leggendo “Lumache”, il nuovo libro edito da Città del Sole, presentato alla Libreria Calliope Mondadori di Siderno venerdì 16 novembre dalla giornalista Anna Maria Implatini. L’architetto e scrittore Anton Francesco Milicia e il giornalista Antonio Tassone hanno unito le loro competenze per dar vita a una moderna opera satirica che rappresenta in tutto e per tutto i nostri borghi, le nostre passioni e gli intrecci di vite, affari e situazioni talvolta tragicomiche che caratterizzano la Locride. A prendere le caratteristiche comuni a tutti i centri abitati della zona è proprio Lumache, il paese fulcro (e, volendo, il protagonista) del romanzo.
L’avventura dei due autori è iniziata un giorno al bar, e da lì è nata un’intesa letteraria intensa. Hanno cominciato il lavoro a quattro mani e, grazie a email, compromessi e feedback continui sono riusciti a portarlo a termine. “È chiaro”, commentano i due “che ci si mette un po’ d’accordo”. I sostanziosi appunti di Antonio Tassone passavano dalle mani di Anton Francesco Milicia, il quale li riscriveva in chiave romanzata. Entrambi hanno aggiunto e perfezionato pagine e capitoli. “Lui ha una mente molto organizzata”, dice Milicia, “è meticoloso, ha il piglio del giornalista. Da architetto, invece, io sono più irruento, cerco sempre la creatività. Ci compensiamo. Lui sistema la tavola, io la metto in disordine”. Lumache, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è la controfigura letteraria di un paese in particolare. È tutto iniziato dal cliché dei “vavalaci”, ma la storia si è evoluta, allargandosi a tutte le realtà territoriali. “All’inizio Lumache doveva essere un paese della Lucania”, racconta Milicia, “ma poi ci siamo detti che sarebbe stato meglio avvicinare il più possibile il lettore alla nostra zona, anche come atto d’amore”. In “Lumache” (e a Lumache) e nella vita reale, il male e il bene si mescolano; è inutile dar voce a pregiudizi, poiché nulla è assoluto e i confini non sono mai definiti perfettamente. “Lumache” è un romanzo colorato e colorito, molto vicino a noi, che narra di cavalieri impazziti in armature contemporanee di sindaci, senzatetto e brigadieri, che parla di polvere, denaro e sudore, che parla di tutti noi, a trecentosessanta gradi, delle cose non troppo giuste e degli atti nobili. Un romanzo dove non si nota mai il giudizio dell’autore, impersonale e super partes, ma nel quale si possono scorgere i commenti degli amici, i giudizi o i rimproveri degli avversari del personaggio chiave del momento narrativo. Un romanzo con una sola voce che racconta vari punti di vista, che cerca nell’ironia il modo di interpretare situazioni, perché no, addirittura drammatiche. “Un libro da leggere”. E allora leggiamolo.

Elisabetta Spanò

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