Dite addio alle parolacce, alle invettive congegnate per insultare un rivale politico. Attualmente, va molto di moda utilizzare (anche senza logica) l’aggettivo “radical chic”. Non importa il contesto, il soggetto o il tono, l’importante è che risulti chiaro che l’avversario (politico) prenda le sembianze di un adepto al radical chic. Bisogna capire che caratteristiche possegga, forse è più di sinistra che di destra. Difficile tracciare una linea di confine tra i due schieramenti. Lasciate perdere il significato preso da internet, non esiste una vera traduzione. L’attuazione è molto semplice: scegliete un personaggio proveniente dal panorama politico, uno a caso (per esempio il sindaco Sala). Adesso, non resta che scrivere “radical chic”, meglio esprimere la propria opinione sui social (Facebook, Twitter) e il lavoro è terminato. Temete l’inefficacia dovuta al contesto? Ogni utilizzo inopportuno del termine è valido. Sono contro la TAV? Radical chic. Sono per la TAV? Radical chic, lo stesso. Vuoi o non vuoi i negozi aperti la domenica? Radical chic. Basta insulti. Il nuovo linguaggio politico dovrà sottostare a queste regole. Per farla in breve, Sgarbi perderà il suo hobby di insultare ospiti televisivi e politici. Peggio per lui, vorrà dire che si affilierà al movimento del radical chic.
Antonio Panetta
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