Paura di sbagliare: superala!2 min

di L'Obbiettivo

A chi non è capitato almeno una volta, o sempre, di desiderare una vita perfetta, priva di intoppi e imperfezioni?
Una vita in cui non ci sia spazio per l’irrazionalità, i cui pezzi si incastrano alla perfezione e non sia difficile seguire magistralmente i propri schemi.
E poi, va da là gli sbagli, queste trappole mortali!
Siamo stati abituati a pensare che l’opposto del successo sia il fallimento, che la vita sia del tutto bianca o del tutto nera, priva di simpatiche sfumature.
Ci hanno insegnato che l’errore sia qualcosa di negativo e peccaminoso, da evitare con tutte le nostre forze.
E a questo punto ti sento già scalpitare nel volermi sbattere in faccia quesiti come: “Mi stai dicendo che sbagliare tutti gli esercizi di matematica con il conseguente esito di un’insufficienza sia una mossa particolarmente intelligente?”
Non esattamente. Anche se, in fase di apprendimento, aver fallito in qualche passaggio può aver senz’altro avuto l’effetto di spronarti ad approfondire l’argomento in questione, ma… sorvoliamo i calcoli.
Vorrei proporti un esempio concreto (di quelli potenti), che io trovo illuminante, per farti capire meglio ciò che intendo:
Thomas Edison, grande inventore statunitense del ‘900, sperimentò tantissimi tentativi prima di apportare miglioramenti alla lampadina e quando, durante una conferenza stampa, un giornalista gli chiese come si fosse sentito a fallire quasi duemila volte prima di raggiungere il risultato desiderato, Edison rispose “Io non ho fallito 2000 volte, ho semplicemente trovato 1999 modi su come non si fa una lampadina.”
Avrai capito che un errore (nel caso di Edison 1999) sia parte integrante del processo verso il conseguimento di un grande risultato o, semplicemente, del nostro percorso di crescita.
Non a caso, molto spesso, uno dei principali blocchi mentali che impedisce alle persone di realizzare ciò che desiderano è proprio la paura di sbagliare. C’è chi addirittura aspira alla rigida perfezione ignaro che essa implichi un punto di arrivo, una meta ideale e statica e, per questo, improduttiva. Chi ha manie perfezionistiche è convinto di dover competere giorno e notte con un’impeccabilità pressappoco irraggiungibile. E questa continua lotta con sé non fa altro che logorare mente e corpo.
Una volta, per caso, ho sentito dire che lo spazio di un errore sia uno spazio di crescita. In quel momento non ho capito cosa volesse dire.
Ad oggi credo fortemente che gli errori siano non solo inevitabili, ma anche necessari. Senza sbagliare non esisterebbe miglioramento. L’errore non va concepito come l’opposto del successo, ma come un suo requisito.
I cambiamenti possono nascere solo dall’imperfezione. Se ci pensi, la stessa natura è animata e regolata da impercettibili imperfezioni e grandi squilibri.

Nadia Barillaro

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