“Vorrebbero farci credere che è un problema viaggiare per poter vivere meglio”2 min

di L'Obbiettivo

Negli ultimi tempi più che mai, Facebook si presta bene come terreno fertile per la divulgazione di fake news, di giudizi tutt’altro che giudiziosi e, soprattutto in quest’ultimo periodo, di episodi di razzismo. Eppure, per una volta, l’eccezione, piuttosto che confermare, sembra confutare la regola.

Un utente (su mille) condivide una storia di quelle belle, che ferma il tempo e che, almeno per qualche ora, interrompe l’amarezza legata a un’Italia tanto dilaniata da sentimenti contrastanti. Protagoniste della vicenda sono un gruppo di “nonnine” alle prese con un giovane venuto da lontano, dal Gambia. Lo accerchiano, lo guardano e alla fine, incuriosite, gli domandano: «Giuvinò come ti chiami? R’addò vieni?». Siamo in Irpinia, più precisamente su un pullman che da Grottaminarda porta a Villamaina.

A rendersi portavoce dell’episodio, con uno scatto condiviso sui social e divenuto virale, è un giovane del posto, Roberto Buglione De Filippis. «Mi siedo – scrive Roberto – e dopo di me entra Omar, un giovane rifugiato che vive allo Sprar di Lacedonia. Sul pullman c’è un gruppo di donne tra i 75 e gli 80 anni. Guardano Omar e una volta seduto, gli cominciano a fare domande”. Dopo avergli chiesto nome e provenienza, Omar si presenta, spiega che sta andando a trovare un gruppo di amici a Frigento. Spiega anche che viene dal Gambia, che scappa da una situazione difficile e che vive da anni in Italia. «Weee, quant’ si bell, io pure tengo a nepùteme ca sta in Inghilterra, pure da qua se scappa, ma sembra ca tutti se l’ann’ scurdato sto fatto», dice una delle signore lì presenti. Mentre, subito dopo, esordisce un’altra: «E perché, mio marito non è stato 20 anni a la Germania? Qua è sempre esistito Sud e Nord, che te pienz». Embè mo’ ce volessero fa crere ca è un problema sta cosa di viaggià pè potè campà meglio…”.

«Intanto il pullman della speranza arriva a Sturno, dove scendono le signore», continua Roberto nel suo post. Ma prima di andare si girano e salutano: «Wee, Omar, mantienete forte, non te preoccupa’, nui te vulimm’ bene».

Difficile capire perché questa storia abbia avuto tanta risonanza. Ma forse una spiegazione c’è: “È un episodio di normalità cui ora non siamo più abituati. Una foto che non ti aspetti perché su Facebook immagini come questa di solito sono accompagnate da parole razziste o denunciano episodi d”odio”.

“Nessuno – continua – si aspettava di trovare tanta umanità in un gruppo di signore di un piccolo paesino del Sud Italia. Soprattutto dopo che qualche giorno fa proprio a Sturno, la fermata dove sono scese le signore, due italiani hanno molestato due romene proprietarie di un bar: le hanno chiuse dentro e abbassandosi i pantaloni hanno detto «tanto siete romene a voi piace».

Ma è bene non fare di tutta l’erba un fascio, e testimonianze simili riescono a far emergere “l”altra Italia”, quella gentile, che ancora esiste e resiste, seppure molto spesso recondita da episodi di violenza che la stampa riporta senza, almeno qualche volta, enfatizzare il lato sinceramente “bello e solidale” della nostra terra.

Nadia Barillaro

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