“Il male inutile”: diario di un reporter in guerra2 min

di L'Obbiettivo

Siamo abituati a vedere le guerre da lontano, come se guardassimo un quadro di Picasso o leggessimo un romanzo. Al giorno d’oggi la valanga di informazioni che il web vomita addosso ai suoi utenti ci fa dimenticare conflitti e stragi non troppo lontani da noi e ci fa perdere di vista quali siano i motivi degli scontri. Però, forse, si può rimediare alla nostra disinformazione: c’è sempre qualcuno, infatti, che vive le guerre, si documenta su di esse e le racconta. Tra questi abbiamo il calabrese Marco Lupis, il primo giornalista italiano ad intervistare il Subcomandante Marcos, nel 1995, che ha scritto il suo secondo libro, “Il male inutile”, nel quale racconta la sua storia travagliata, le sue avventure (purtroppo drammatiche, a volte), i sentimenti legati al suo mestiere e la distruzione, anche recente o attuale, che passa spesso in secondo piano. Il libro, pubblicato da “Rubbettino Editore” è stato presentato alla Mondadori Bookstore di Siderno il 14 aprile.

Una volta la guerra era schematica: si arrivava sul posto, ci si faceva un’idea del conflitto, si individuavano buoni e cattivi e il giornalista era un po’ come la Croce Rossa, nessuno lo toccava o lo feriva, rimaneva disarmato, con il suo giubbotto antiproiettile. Dopo le guerre dell’ex- Jugoslavia, le questioni si sono infittite: si sono introdotti nelle vicende anche i motivi religiosi e le superpotenze economiche; i giornalisti possono testimoniare direttamente, e vengono presi di mira e, svariate volte, uccisi. Sarà perché, forse, anche una macchina fotografica e un registratore, possono essere considerate delle armi cariche non di proiettili, ma di testimonianze e verità? Probabilmente sì, ma qualunque sia la motivazione degli assassinii, per Lupis è sempre un trauma venire a conoscenza della morte dei colleghi. Tra le righe del suo libro si respira la paura, la responsabilità di dover denunciare le barbarie, la speranza (forse illusione) di poter fare qualcosa. La prefazione è stata scritta da Janine de Giovanni, un’altra importante reporter, che si impegna ad annotare tutte le vicende di cui è testimone. Scrivere questi libri è, per i giornalisti, un dovere importante: “Quando si mette su carta ciò che è accaduto, non si può far più finta di niente”. È evidente la rete di solidarietà che si è creata con chi ha condiviso le terribili esperienze della guerra: i reporter rimangono in contatto per informarsi vicendevolmente sui luoghi nei quali sono stati. Infatti ancora oggi i colpevoli di alcune delle peggiori carneficine della storia sono a piede libero, come per quanto riguarda, ad esempio la strage del Timor Est, causata dalla brutale occupazione indonesiana della metà indipendente dell’isola di Timor, nella quale hanno perso la vita 250.000 persone. Fra le pagine de “Il male inutile” si viene a conoscenza di cosa si prova ad avvicinarsi alle guerre, a levarsi dalla mente i pregiudizi e le proprie idee per raccontare a qualsiasi costo ciò che accade: è compito del giornalista discernere la verità dalla menzogna e dai preconcetti. Guerre tra religioni, civiltà, non solo tra eserciti, ma anche tra menti e Paesi interessati, ci vengono descritte (con l’ennesimo atto di coraggio nel riuscire a ripescare dalla memoria ricordi atroci) per renderci partecipi delle vicende del nostro Mondo e per ricordarci, attraverso i racconti di alcuni momenti di disperata speranza, che il male è inutile, il bene è necessario e, solo notando che c’è del positivo anche nelle peggiori situazioni, possiamo comprendere il senso della nostra vita.

Elisabetta Spanò

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