Elezioni e social network: quando Facebook diventa il fronte di battaglia4 min

di L'Obbiettivo

Meno di due settimane al tanto atteso giorno delle elezioni: il 4 marzo sarà la data che segnerà il nostro paese negli anni a venire, giorno in cui il nostro Parlamento verrà rinnovato e dal quale dipenderà il nostro nuovo governo. La questione è ampiamente discussa dai media, sia dai giornali tradizionali, che in questi giorni dedicano inserzioni sulle varie linee politiche, sia dalle testate online, che con dei brevi video riassumono i diversi programmi elettorali dei partiti; immancabili poi i talk show televisivi che ospitano i dibattiti tra i vari leader e i principali esponenti delle organizzazioni, o i programmi satirici che in queste settimane hanno avuto molto materiale da presentare ai loro spettatori, in cerca di risate e informazioni. Poi, nelle città, i classici manifesti invadono le strade e le piazze, enormi tabelloni pubblicitari riportano i faccioni dei candidati con i loro slogan, i totem digitali promozionali delle stazioni e degli altri luoghi pubblici si colorano dei loghi dei partiti, mentre nei vari luoghi di ritrovo come locali e bar, le imminenti elezioni divengono principale argomento di discussione. Fin qui, nulla sembra essere cambiato dagli ultimi anni, uno schema già visto, un’aria già respirata. Eppure, una differenza c’è, una complessa variabile da considerare, potremmo dire ormai la più importante, che già altri paesi prima di noi, come Francia, Inghilterra e USA, hanno sperimentato: l’importanza e l’influenza dei social network nell’elettorato. Non ne siamo del tutto estranei, del resto già nel 2013 il luogo propagandistico principale del Movimento 5 Stelle è stato il web, e in seguito il referendum del 4 dicembre ha visto contrapporsi i due blocchi – “sì” e “no” – in un continuo botta e risposta fino all’ultimo like. Oggi la questione è assai più rilevante, ne sono esempio le lotte portate avanti dall’uscente Presidente della camera Laura Boldrini, che più volte si è rivolta alla magistratura a causa di insulti pesanti e minacce ricevute sui social, o i gruppi che si creano proprio su queste piattaforme a sostegno di un determinato gruppo politico, che arrivano a contare migliaia di iscritti, o ancora, tra le novità più preoccupanti, il dilagare delle fake news, notizie su eventi mai accaduti e prive di fonti attendibili, create ad hoc per sostenere una determinata corrente di pensiero, inneggiando le masse a convincersi delle idee di alcuni dei leader politici poiché supportate da “fatti” che confermerebbero le loro tesi, che nel periodo della post–verità rappresenta una minaccia non solo da un punto di vista politico, ma è anche e soprattutto un attacco al diritto dei cittadini di informarsi correttamente e liberamente. Secondo alcune ricerche SWG sui siti considerati più importanti per informarsi, Facebook si colloca al quarto posto, preceduto da ANSA e seguito dal Corriere della sera. Un dato che sicuramente fa riflettere, considerato non solo la difficoltà di accertarsi della veridicità dei fatti che appaiono nella nostra home, ma anche la tendenza di alcune persone ad avvicinarsi ai luoghi virtuali dove vengono essenzialmente confermate le proprie opinioni, fenomeno definito dai massmediologi “omofilia delle reti”, poiché non solo non vi è un adeguato confronto, ma viene inoltre tenuto lontano chi cerca di controbattere su un dato argomento, silenziato, “bannato” nel gergo dei gruppi di Facebook. Anche Twitter riveste un ruolo importante: col suo sistema dei Trend Topic, grazie al quale un hashtag o un argomento che inizia a essere discusso da più persone in uno stesso momento viene fissato in alto, in modo che altri vengano a conoscenza, viene sfruttato dai politici per ottenere maggiore visibilità, talvolta riuscendo a ritorcere contro ogni attacco ricevuto cavalcando la scia del trend. Instagram, di suo, diventa invece il social dove i politici oltre a pubblicizzarsi e discutere delle proprie idee, hanno la possibilità di mostrare uno squarcio della loro vita privata, ovviamente mostrando il meglio, in modo da apparire semplici cittadini agli occhi di elettori sempre più critici nei confronti della classe dirigente. Il contributo dei social non finisce qui: tra le novità, Facebook ha deciso di inserire un tool interamente dedicato alle posizioni dei vari partiti, nel quale è possibile conoscere le diverse opinioni sui temi principali di discussione: immigrazione, lavoro, sostegni familiari ecc.

Viene dunque data la possibilità di confrontare diversi punti dei programmi, espressi direttamente dai partiti sulle loro pagine Facebook ufficiali, a tutti quelli che nei sondaggi risultano almeno all’1%, cosa che risulta essere utile non solo agli stessi partiti per far conoscere le proprie idee, ma anche e soprattutto agli utenti di Facebook ancora dubbiosi. Nel frattempo, i vari leader sfruttano la grande visibilità conferita dal web per atteggiarsi a quello che potremmo definire un vero e proprio culto della personalità: Salvini, ad esempio, lancia il concorso “Vinci Salvini” una contest su Facebook tra migliaia di utenti che sostengono il leader del Carroccio; vince, ogni giorno e ogni settimana, l’utente che ha generato più punti, mettendo “mi piace” ai suoi post. La Meloni intanto su Facebook porta avanti le sue lotte, insistendo molto sulla questione degli inciuci politici, con continui post in cui si leva un no a ogni forma di “tradimento”, come lei lo definisce, agli italiani e alla coalizione di centrodestra. I social diventano quindi il luogo principale per la campagna elettorale, un vero e proprio campo di battaglia, una sfida in cui le frecciatine come proiettili colpiscono gli avversari, i mi piace e le condivisioni sono lo scudo, il tanto ricercato consenso popolare, a cui tutti ambiscono, ragion per cui Facebook, Twitter e le altre piattaforme si popolano di stati in difesa di uno, dell’altro, dei vecchi e dei nuovi valori, del passato e del futuro, il luogo in cui la dicotomia noi–loro si fa più possente, fino a determinare veri e propri schieramenti, che sul fronte della rete si scontrano, nell’attesa della battaglia finale, il 4 marzo, cui risultato finale dipenderà soprattutto da quanto gli utenti saranno pronti a sostenere il proprio partito in rete. E aspettando, non possiamo che augurarci una seria vittoria della politica: quella di ridare fiducia ai cittadini, di limitare l’astensionismo che, dando un’occhiata generale, sembra essere il problema più grave che quest’elezioni dovranno affrontare.

Domenico Futia

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