Lo straniero e/è il nemico2 min

di Luca Matteo Rodinò

Lo straniero è diverso. Non importa in cosa consista questa sua caratteristica e che cosa comporti il confronto con egli, il diverso è cattivo perché noi siamo buoni.

Occorre perciò definire chi siamo “noi”, che dal nostro canto siamo normali. Una definizione semplice ma non semplicistica: normale è chi conosce la cultura di massa e del popolo e ne rispetta le tradizioni. Va da sé la relatività del concetto e la presenza “intrinseca” del diverso. La varietà delle culture dei popoli (che esiste ed è una ricchezza) fa sì che ognuna di esse abbia un corrispettivo “normale” e tanti “diversi”. Il diverso diventa nemico quando manca volutamente il confronto (evitato perché può avere esito imprevedibile), capace di annullare dogmi e certezze e stravolgere concetti, garantendo una crescita e un cambiamento di cui la massa statica ha paura.

Lo straniero è la personificazione del diverso, nell’immaginario collettivo, il nemico fisico da attaccare e umiliare, strumento per muovere le masse gonfiate da orazioni, intrise d’odio, di millenni di generazioni di politici.

Il timore del confronto (e sostanzialmente la paura di perderlo) innesca quel razzismo nei confronti dello straniero che ormai la fa da padrone nel nostro Paese da anni. E prima ancora di citare le polemiche elettorali sullo Ius Soli, sull’accoglienza e la gestione dei migranti, pensiamo a “Prima il Nord”, “Padania libera” e “Non si affitta ai meridionali”, la piaga della Lega Nord; all’incompatibilità tra i polentoni lavoratori “progrediti” e fieri e i terroni vagabondi e “analfabeti” che gesticolano. C’è stato un tempo in cui lo straniero nemico di un italiano era l’altro italiano che si trovava diametralmente e geograficamente o troppo in alto o troppo in basso.

Oggi la situazione non è cambiata, il popolo ha la memoria corta e lo slogan elettorale, da “Prima il Nord”, è diventato “Prima gli italiani”, ovvero la strumentalizzazione del timore dello straniero (e del diverso) che ai comizi di Matteo Salvini diventa un essere minore che invade il nostro paese presumendo d’essere migliore. Ma in pochi effettivamente prestano attenzione e se ne rendono conto.

L’errore a priori, il confronto mancato che ci convince che il normale sia migliore del diverso, ci rende incapaci di osservare che l’equazione italiano diverso da straniero può essere letta anche in senso inverso. Cambia tutto, ma possiamo star certi che qualche politicante, prima o poi, strumentalizzerà anche quest’ultima chiave di lettura.

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