Specchio1 min

di L'Obbiettivo
Non vedi com’è tagliente l’aria, come ogni respiro sembri togliermi qualcosa, come tutto trovi un senso ad occhi chiusi? E com’è che nel buio e nel silenzio, le voci e i volti prendon forma, e cercando la luce perdo tutto? E come posso stare immobile, incapace di agire, di fronte a un’immagine che non mi appartiene? E fuggo allora, fuggo nel buio e nel silenzio, a cercare rifugio. Ma la strada informe si contorna d’uno stesso riflesso, e mi ritrovo circondato da volti pieni di rabbia, di disgusto, disapprovazione. Tanto uguali, eppure diversi nel profondo. Diversi, contaminati, sporcati dal mondo. Riflessi che non mi appartengono, eppure che non mi abbandonano. E fuggo allora, fuggo ancora, stavolta aprendo gli occhi. È ancora lì, fermo, immobile, forse un po’ tremante. Mi guarda, il suo sguardo mi scruta attento, con occhi vuoti. Ed ecco lì la rabbia, in ogni sua forma, nella forza di un pugno che spezza il sortilegio. Ogni suo frammento parla, ha un nome: uno si chiama tristezza, l’altro solitudine, l’altro ancora incompresione; e poi persone, scuola, casa, amici, lavoro, società. Tutti a terra, più piccoli ancora, non rendendo giustizia al proprio peso. L’aria si fa più tagliente, il respiro più profondo. Dell’immagine resta ormai poco. E rifugio ora non trovo se non nella quiete notturna. Domani sarà domani, e io sarò io: su questo non ho dubbi.
Domenico Futia

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