Libertà di parola? Non a Malta1 min

di L'Obbiettivo

Daphne Caruana Galizia è stata fatta esplodere; una bomba nella sua macchina ci ricorda l’omicidio di tanti angeli che ci hanno donato idee e libertà.

Era il baluardo del giornalismo indipendente a Malta e aveva rivelato tutta la corruzione dell’isola.

Si era occupata dei Panama Papers scoprendo che la moglie del premier Muscat aveva ricevuto diverse tangenti dall’Azerbaijan collegate a vari accordi commerciali.

Aveva anche lavorato all’inchiesta sui Malta Files che denunciano l’isola come paradiso fiscale per imprenditori, politici e mafiosi di tutta Europa.

Era una voce scomoda, senza catene, ed è stata uccisa.

Aveva denunciato minacce di morte ma non le è stata data protezione. Inconcepibile in un paese europeo che si vanta della sua modernità, e ancor più doloroso se accompagnato dal post di un sergente di polizia che ha detto: “Ognuno ha quel che si merita. Sono contento”.

Il figlio, anche egli giornalista, ha detto: «Mia madre è stata assassinata perché si è trovata in mezzo tra la legge e coloro che cercano di violarla, come molti altri giornalisti coraggiosi. Ma è stata colpita anche perché era l’unica a farlo. Ecco cosa accade quando le istituzioni dello Stato sono incapaci: l’ultima persona che rimane in piedi spesso è un giornalista. E quindi è la prima persona che deve morire».

Il governo maltese, forse per togliersi dall’imbarazzo di aver avuto “problemi” con la vittima, forse riconoscendo di non aver saputo o voluto proteggerla, forse intimorito dalle manifestazioni nelle piazze e dalla sfiducia crescente, ha messo a disposizione un milione di euro in cambio di informazioni utili per trovare l’assassino.

Oltre alle autorità maltesi, si occupano delle indagini il FBI e Scotland Yard, dato che le inchieste di Daphne erano internazionali, e di conseguenza tali erano anche i suoi nemici.

Nicola Varacalli

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