Cosa ci rende italiani (all’estero)2 min

di L'Obbiettivo

Ai tempi delle grandi migrazioni verso l’America eravamo conosciuti per la mafia e la povertà. I nostri antenati arrivavano nella “terra dei sogni” senza saper dire neanche “hello” e venivano trattati alla stregua di animali, stipati in stanze umide e piene di topi e lasciati logorare dalla fame. I gruppi di criminali provenienti dall’Italia si sono trasferiti in America trasformandosi in gang, cercando modi illeciti per arricchirsi e acquisire potere. Con il tempo siamo arrivati a “italiano = mafia e mandolino”. Così è stato per decenni.

Ma oggi, “gli altri”, cosa pensano di noi, prima di incontrarci? L’abbiamo chiesto a dei ragazzi provenienti da vari Paesi d’Europa invitandoli ad essere il più onesti possibile.

Per i danesi siamo, in poche parole, solo una grande pizza, con delle persone che muovono sempre le mani, rumorose, che amano le loro grandi famiglie e che sono brave a cucinare.

Secondo i greci la situazione è praticamente la stessa: in più siamo socievoli e chiacchieroni, ma anche lì, se si nomina l’Italia, pizza e pasta vincono su tutto.

I francesi vedono gli italiani come persone che gesticolano tanto, davvero tantissimo e che parlano a voce alta, urlando.

In Irlanda pensano al cibo, soprattutto pizza e lasagne. Secondo gli irlandesi gli italiani canticchiano sempre “That’s amore”, gridano, gesticolano e si abbracciano in continuazione. E per gli italiani la domenica è sacra: di domenica non bisogna fare assolutamente niente.

È sorprendente che nessuno abbia parlato della criminalità. Gli stereotipi si basano sulla vita quotidiana e sulle azioni ricorrenti, quindi, evidentemente, per chi ci guarda “da fuori”, sparare alle persone non è più all’ordine del giorno o, purtroppo, non lo è solo in Italia.

Frankie Costello

La figura dell’italiano modello non è quella di Frank Costello, ma di un pizzaiolo caciarone e socievole che non fa altro che canticchiare. Penso che ciò sia positivo: d’altronde noi andiamo fieri delle invenzioni culinarie, non della mafia. Il gesticolare degli italiani è proverbiale, ed è anche un dato di fatto. Il gesto di “how Italians do…” è virale e, anche se non ce ne rendiamo conto, frequentissimo fra di noi. Per quanto riguarda il tono di voce… di questo non ce ne accorgiamo proprio!

L’idea iniziale che avevano di noi non ha influenzato i ragazzi i quali, durante uno scambio culturale europeo, hanno davvero avuto a che fare con dei giovani italiani. Quando abbiamo chiesto cosa pensassero degli italiani dopo aver vissuto a stretto contatto con loro, le risposte sono state tenere e sincere come le prime.
“Siete delle persone fantastiche, e non gesticolate così tanto, alla fine”
“Siete dolci, e sapete abbracciare bene”
“Siete delle belle persone, dentro e fuori”
“Non parlate a voce così alta, come pensavo. Siete simpatici e dolci!”

È curioso notare la velocità con la quale gli stereotipi sull’Italia sono cambiati. Secondo me, grazie alla globalizzazione e ad internet, ci è stata data la possibilità (come agli altri Paesi) di farci conoscere per quello che siamo davvero. Forse, al giorno d’oggi, l’identità nazionale non conta quanto quella individuale. Eppure il nostro Paese d’origine è presente, in parte, in ognuno di noi; dovremmo gioire un po’ tutti nel sapere che non siamo più rappresentati da mafia e mandolino, ma soprattutto da pizza e abbracci.

Elisabetta Spanò

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