Scriviamo per non dimenticare1 min

di L'Obbiettivo

Il giornale può essere un’arma, ma anche un dono, può aprire la mente e al contempo chiuderla. Il giornale possiede un potere tale da poter ingannare, travolgere, fomentare e spegnere. Come sosteneva Miller: «un buon giornale è una nazione che parla a sé stessa», deve essere uno specchio della realtà, deve presentare una visione lucida e concreta, non opaca ed astratta. Quando leggiamo un articolo, non vediamo e non pensiamo a cosa si celi dall’altra parte, chi sia a battere a macchina, di quale religione, nazionalità o sesso sia, per un attimo nella giornata non badiamo alle etichette della società, leggiamo e basta.

Un giornale è come un albero rigoglioso che concede i suoi frutti prelibati soltanto a chi sa farne buon uso, delizie spesso amare, ma veritiere. I giornalisti raccontano storie, fatti, estrapolano pezzi di quotidianità, talvolta ci fanno ricordare, tornare indietro con la mente a luoghi pittoreschi. Non sempre queste storie possono piacere ma è proprio questo il lavoro di un giornalista: far riflettere, che sia un politico o un operaio, un adulto o un adolescente. Le idiozie esistono per lo stesso motivo, per cui pensiamo di fronteggiare il T9 nei nostri cellulari, ma sappiamo tutti che alla fine ci caschiamo ed inviamo il nostro messaggio, seppur ricco di errori.
Un giornale non dovrebbe avere schieramenti politici, nessuno dovrebbe favorire A o B, come nessuno dovrebbe fare campagna e pubblicità. I giornali devono avere un occhio critico sia per un partito di sinistra che per uno di destra, anche se il più acuto degli occhi potrebbe trovare problemi nell’individuare chi appartenga alla sinistra che alla destra, sempre che esistano. Un giornale può dividere ed avvicinare popoli.
Antonio Panetta

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